Shenna - Damnatio Memoriae

Ritorno a casa

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    The Lord of Time

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    Shenna varcò ciò che rimaneva del grande portone posto all'ingresso di Villa Desmon. La corruzione lasciata da Vorazul e dai suoi servitori era ancora percepibile, ma ciò che più la colpì fu quello che non poteva più ritrovare: Eternium.
    La sua famiglia.
    Certo, non era perfetta... ma quale famiglia lo era, dopotutto? Una verità che gli Endacil conoscevano fin troppo bene.
    E lei in quel luogo aveva trovato molto più di quanto non sarebbe stata disposta ad ammettere. Il volto dell'elfa, pallido e tirato, si increspò in un sorriso quando le tornò alla mente il vecchio Dakkar, intento durante una notte a lasciare bizzarri doni ai suoi compagni. O le tante volte in cui Khyran urlava le sue assurde richieste al povero Jason, costretto a farsi in quattro per soddisfare il suo roboante mentore. Il modo in cui Dorje la chiamava "strega", tributandole un rispetto che la ragazza spesso si chiedeva se meritasse davvero. Le risate sommesse di Claire, complice segnale della nascita dell'ennesimo scherzo ai danni del suo paziente protettore.
    Passi, urla, risate. Suoni che annunciavano vite.
    Ora, invece, c'era solo un silenzio senza fine, così opprimente che le parve quasi che stesse cercando di stritolarle il cuore. Ma proprio in quel momento, lo scorpione si mosse sulla sua spalla, ricordandole che non era sola e non lo sarebbe mai più stata.
    Fu un sollievo fugace, ma le diede la forza per compiere i suoi primi passi all'interno di Villa Desmon.
    "Quanto a lungo sono mancata?" chiese l'elfa a voce alta, ma le rovine non le risposero. Non ve n'era bisogno.
    Dopotutto, gli anni trascorsi non avevano lavato via il sangue rimasto impresso sulle pareti. Nè si erano presi cura dei cadaveri, lasciati a marcire in mezzo alle sale. Se non fosse stato per l'odore rivoltante, sarebbero quasi sembrati bambole di pezza abbandonate da una bambina troppo distratta. In un certo senso era davvero così, perchè lei era quella bambina.
    Lei li aveva abbandonati quando l'Eresia era comparsa all'orizzonte, impugnando quello stesso simbolo che lei aveva così tante volte difeso, con le parole e con le azioni.
    Lei li aveva condannati quando attraverso i suoi sogni era giunto il Reame Remoto.
    Quel pensiero le fece correre brividi gelidi lungo tutto il corpo. Ancora ricordava le mani di Ka-nekhet, o ciò che il Labirinto l'aveva reso, afferrarla e usarla. Il volto del suo aguzzino che si distorceva in un ghigno di perfido compiacimento mentre nel cielo brillava la luce della maledetta stella rossa.
    Rossa come le tuniche dei maghi di Thay. Se ne avesse avuto ancora la forza, Shenna avrebbe sorriso per la tragica ironia nascosta in quella coincidenza.
    "Non fermarti" le disse invece una voce che, a detta di molti, giungeva da un uomo folle e spietato. Nella sua mente, però, quella voce era sempre affettuosa, protettiva. Paterna.
    Naturalmente, lui aveva ragione, come sempre. Non poteva fermarsi perchè non poteva permetterselo, oggi ancor meno che in passato: il destino di un intero popolo poggiava ora sulle sue spalle e, anche se le sembravano più fragili che mai, avrebbe dovuto reggerne il peso.
    Eternium doveva rinascere affinchè i Marchiati avessero di nuovo un luogo da poter chiamare casa. "Chissà", si sorprese a pensare, "forse è sempre stato questo il mio destino di Vessillo.
    Riunire la mia gente"
    Quel pensiero le diede forza e la condusse oltre il salone d'ingresso. Attraversò sale nelle quali aveva trascorso tempi felici, ma ora tutto le sembrava dolorosamente distante, come se cercasse di ricordare un sogno dopo un brusco risveglio.
    Tuttavia non ebbe alcuna difficoltà a orientarsi nelle rovine. Il passaggio del Reame Remoto aveva dissacrato molte cose, ma quasi per miracolo la porta della sua vecchia stanza era ancora lì. Immacolata, quasi, come se fosse rimasta ad attenderla per tutti quegli anni.
    "Anche il Tempo può conoscere la pietà, forse" si disse l'elfa prima di appoggiare la mano sulla maniglia e, non senza una lunga esitazione, spingere.
    L'odore all'interno non era migliore di quello che l'aveva accolta nella villa, ma la camera era relativamente intatta: lo studio sul quale aveva studiato interminabili volumi, il letto tra le cui lenzuola aveva passato notti insonni, divino fardello di una Voce dei Sogni.
    L'elfa iniziò allora a muoversi verso una delle pareti, con la cautela di chi tema che tutto sia solo l'ennesimo, brutto sogno. Invece, quel luogo era reale e ne ebbe conferma quando posò la mano sulla fredda roccia.
    "E' ancora qui" mormorò con un flebile sussurro. Poi con le dita tracciò velocemente un simbolo magico, rivelando un piccolo nascondiglio all'interno del quale giaceva un ancor più piccolo scrigno. La ragazza lo recuperò con le mani che le tremavano dall'emozione.
    Nessuno lo aveva aperto... e nessuno avrebbe potuto, considerando la peculiare natura della chiave richiesta: senza neppure attendere una richiesta dell'elfa, lo scorpione scivolò lungo il suo braccio e conficcò il pungiglione nella serratura.
    Il meccanismo scattò e il minuscolo forziere si aprì, svelando il suo contenuto segreto.
    "Sei riuscita a conservarlo"
    All'udire quella voce profonda, Shenna si voltò di scatto.
    Sulla soglia dell'ingresso alla sua stanza stava un uomo rivestito da una pesante armatura ricoperta di ghiaccio nero. Il suo volto era mortalmente pallido e un paio di piccole corna sporgevano dalla sua fronte.
    Ma nonostante fosse un uomo molto diverso da quello che lei ricordava, Shenna non ebbe alcuna difficoltà a riconoscerlo.
    "Scion... pensavo te ne fossi andato"
    Lui annuì. "E così farò, il Culto del Drago deve conoscere un nuovo scopo... e anche io.
    Ma prima dovevo venire qui. Dovevo vedere cos'era rimasto"
    Lei richiuse lo scrigno quasi senza pensarci, senza smettere di osservare quello che un tempo era stato il suo grande amore. Le sue speranze, i suoi sogni, i suoi ricordi... ora erano tutti sepolti sotto quello sguardo di ghiaccio.
    Eppure, lei non era riuscita a stupirsi di ritrovarlo in quelle condizioni. Forse, gli dei che lui tanto aveva supplicato per il perdono avevano da sempre avuto in serbo per lui quel destino. E chi era lei per giudicarlo?
    "Sì" disse. "Ti capisco. Sembra tutto così assurdo... erano qui ed erano vivi... e ora non ci sono più"
    Lui rimase immobile a fissarla. Aveva abbandonato la sua umanità proprio per dimenticare lo straziante dolore provato nel perdere quella giovane donna... e ora riusciva solo a ricordare quello che un tempo aveva provato per lei.
    "Mi... dispiace" le rispose, ma non c'era convinzione in quelle parole più di quanto non vi fosse vita.
    Lei lo ascoltò senza battere ciglio. Fin da quando lo aveva visto tenere le redini del drago non morto, aveva compreso che l'uomo di cui era stata innamorata era morto, ucciso dall'amore che aveva provato per lei.
    "Te lo avevo detto", disse una voce nella sua testa. "La Storia si ripete sempre"
    Shenna annuì. Aveva ragione, come sempre.
    "Non sei tu a doverti dispiacere, Scion. E' colpa mia" disse l'elfa, per poi porsi di fronte all'uomo a cui si era rivolta. Davanti a lui, si sentì improvvisamente piccola e fragile, impreparata a guardarlo per la prima volta dal basso verso l'alto. Si sorprese a tremare per un brivido di freddo, e a chiedersi se a causarlo fosse stato il ghiaccio che avvolgeva l'armatura del cavaliere... o quello nel suo sguardo.
    "Avrei dovuto essere una guida per voi, invece sono stata accecata dal mio Credo. Ho sempre accusato Aksasha di avere tradito il vero significato della Clessidra Nera, solo per diventare una despota come lui.
    Avrei dovuto essere il Vessillo intorno al quale si sarebbe formata la nostra famiglia... invece sono stata la prima ad allontanare tutti quelli che non la pensavano come me. Ho fallito e ho deluso tutti quelli che avevano creduto in me... tu per primo"
    Lei prese la mano di Scion, accarezzandola nonostante il tocco glaciale sulla nuda pelle, per poi posarvici ciò che aveva recuperato dallo scrigno.
    "E' tuo. Io non lo merito"
    Scion strinse la mano. Non aveva bisogno di vedere di cosa si trattasse, conosceva perfettamente quell'oggetto... perchè era stato lui a consegnarglielo tempo addietro.
    Quanto tempo? Gli parve trascorsa un'eternità dall'ultima volta che aveva visto Shenna. L'incantesimo di Zairen stava iniziando a perdere la sua efficacia su di lui, lasciando che i frammenti dei ricordi riemergessero in superficie, portando con sè il dolore che sempre accompagnava la verità. Chiuse il pugno, facendo stridere il metallo dell'anello che stringeva.
    "Era una mia promessa" disse lui.
    "Alla persona sbagliata" gli rispose lei.
    "Questo non sta a te deciderlo"
    L'elfa si voltò, dandogli le spalle. "Non l'ho deciso io. Ormai sono poche le cose che ho deciso in questa guerra... Buffo, ho intrapreso questo cammino per essere libera da qualsiasi catena e ora mi ritrovo più imprigionata che mai. Senso di colpa, rimpianti, responsabilità... non sono catene che si spezzano facilmente"
    Lui rimase a fissarla, ma non la interruppe.
    "Ho il dovere di ricostruire questo luogo, Scion" disse Shenna. "Lo devo a tutti coloro che qui sono morti per causa mia... e a tutti coloro che ho ucciso nei panni del Cronomante.
    Dei, ancora non riesco a crederci... ero io. Per tutto questo tempo, dietro l'Eresia c'ero io. Come pensi che mi possa sentire dopo...?"
    Una mano gelida la afferrò per la spalla e la costrinse a voltarsi. I suoi occhi ora si riflettevano in quelli di Scion: il cavaliere si era tolto l'elmo, rivelando un volto scavato dalla maledizione della non morte e uno sguardo appesantito da troppi anni trascorsi senza darsi pace.
    "E come pensi che mi senta io a vederti qui ora, viva davanti ai miei occhi? Ti ho creduto morta, Shenna, e per questo ho rinunciato a tutto!
    Mi parli dei sensi di colpa come se fossero catene! Al contrario, sono questi a renderti ancora umana... è questo che ti rende ciò che io non sono più capace di provare"
    La mano di lui scivolò via dalla spalla della ragazza, come se avesse improvvisamente perso forza mentre la sua voce si riduceva a un sussurro.
    "Ma su una cosa hai ragione, Shenna. Porti un pesante fardello con il quale devi venire a patti"
    "Non dirai..."
    Lui annuì e lo sguardo glaciale si fissò sullo scorpione posato sulle spalle della giovane. Per una volta, la creatura era perfettamente immobile.
    "L'Araldo" concluse Scion. "Hai servito il tuo padrone molto a lungo, amore mio, e per suo desiderio ti sei spinta nei più remoti angoli del Multiverso.
    Per sua concessione, noi ti abbiamo seguita.
    Per suo capriccio, siamo morti e rinati.
    Ho sempre pensato che Zairen fosse un padrone tirannico, ma avevo dimenticato di avere avuto davanti ai miei occhi per anni un esempio assai peggiore"
    "No" replicò lei. "Lui vuole il nostro bene, non è come..."
    Il cavaliere la interruppe di nuovo. "Diventare il Cronomante è stato il tuo bene? O forse era l'unico modo per riscrivere la storia come desiderava lui?"
    "Non c'era altro modo! Il Tempo mi aveva intrappolata! Come potevo sfuggire a quel Paradosso?!" ribattè lei, quasi senza rendersi conto di stare urlando.
    Cadde un pesante silenzio nella stanza, che venne interrotto solo da un tintinnio metallico contro la pietra del pavimento. Scion aveva lasciato cadere a terra l'anello nuziale che Shenna gli aveva restituito.
    "Non è stato il Cronomante a salvarti dal Paradosso" sussurrò Scion. "Sono stati gli Ultimi Eredi.
    E se noi non ci fossimo perduti, amore mio... sono certo che anche Eternium avrebbe potuto salvarti.
    Ricordalo, quando inizierai a ricostruire questo luogo. Ricorda chi ti ha amata davvero"
    Dopo quelle ultime parole, il cavaliere si voltò. I suoi pesanti passi riecheggiarono sempre più lontani, finchè non furono altro che l'ennesimo ricordo doloroso a posarsi sulle fragili spalle di una strega.

    Continua...

    Edited by Tirro - 14/5/2018, 23:01
     
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